L’anticontraffazione nel XXI secolo. Nuove problematiche e prospettive
Stefano Ridolfi, IDArtScience Srl Roma, Italia
La contraffazione e la sua tematica culturale ed economica
La falsificazione dei dipinti costituisce una problematica di cruciale importanza nel contesto del mercato dell’arte, settore che, nonostante la sua aura di esclusività, si dimostra vulnerabile a frodi sofisticate. La contraffazione mina l’integrità del patrimonio culturale e provoca rilevanti danni economici. Alimentata da prospettive di guadagno elevato a fronte di costi ridotti e tempi contenuti, questa pratica si diffonde in modo particolare nell’ambito dell’arte contemporanea, dove l’assenza di elementi figurativi tradizionali e la maggiore riproducibilità delle opere favoriscono la copia e la manipolazione; a questo si aggiunge espansione della domanda di opere d’arte che contribuisce ad amplificare i margini di profitto per chi agisce nell’illegalità, confermando quanto osservato da Cesare Brandi: la falsificazione presuppone l’attribuzione di valore e nasce laddove vi sia collezionismo.
I dati offerti dal Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale sono eloquenti: nel 2023 sono state sequestrate 1.936 opere contraffatte, con un incremento del 56% rispetto all’anno precedente; 1.340 di queste erano opere contemporanee, il cui valore stimato sul mercato avrebbe superato i 45 milioni di euro. A tali cifre si aggiungono quelle fornite dal Rapporto IPERICO del Ministero dello Sviluppo Economico, secondo il quale, nell’ultimo decennio, il valore della contraffazione in Italia ha toccato i 6 miliardi di euro, con il sequestro di oltre 570 milioni di beni.
Nel mercato dell’arte, la contraffazione si presenta in tre principali forme: imitazioni con elementi nuovi facilmente riconoscibili, riproduzioni dichiaratamente non autentiche e, soprattutto, copie immesse sul mercato come originali. Quest’ultima categoria rappresenta il vero cuore del problema, poiché mira deliberatamente a trarre in inganno gli acquirenti. Malgrado la falsificazione sia una pratica antica, essa resta difficile da contenere per la complessità nell’individuazione e per l’evoluzione costante delle tecniche di produzione.
La questione non è soltanto economica: la diffusione di falsi compromette l’intero ecosistema artistico, ostacolando il lavoro di studiosi, periti e istituzioni. Il patrimonio culturale, infatti, è l’espressione tangibile della nostra identità collettiva, e ogni opera custodisce un’eredità di pensiero e bellezza che attraversa generazioni. Proteggerlo significa preservare la memoria dell’umanità e il potenziale trasformativo dell’arte.
A livello globale, un report del 2019 di Deloitte e ArtTactic stimava il mercato dell’arte attorno ai 67,4 miliardi di dollari, ma rivelava che tra il 30% e il 50% delle opere in circolazione risultano falsi o mal attribuiti. L’Operazione Pandora, promossa dall’Interpol nel 2020, ha portato al sequestro di oltre 41.000 opere false o trafugate, mentre l’indagine “Infinito” del 2022 ha svelato un traffico di 658 falsi attribuiti a Francis Bacon, per un valore superiore ai 238 milioni di euro.
Anche il mercato secondario non è esente da rischi: uno studio del 2021 di ArtNet ha mostrato che circa il 20% delle opere vendute in aste e gallerie presenta dubbi sull’autenticità. In Italia, l’Osservatorio Nomisma ha rilevato un settore con un giro d’affari di 1,46 miliardi di euro, che sale a 3,78 miliardi se si considera l’indotto, con circa 36.000 addetti. Tuttavia, una porzione significativa del mercato resta sommersa, nascosta nelle mani dei collezionisti privati, oltre i confini delle analisi ufficiali.
Il problema della falsificazione di opere d’arte
La sofisticazione raggiunta dai falsari contemporanei, che fondono abilmente tecnologie avanzate e materiali antichi, ha reso la falsificazione dei dipinti una questione particolarmente insidiosa. Oggi, la capacità di replicare le tecniche e i materiali degli artisti originali è tale da ingannare anche esperti qualificati, rendendo la distinzione di un’opera autentica da una contraffatta un lavoro, lungo, delicato e complesso. Di conseguenza, cresce la domanda di metodi scientifici avanzati e strumenti tecnologici in grado di supportare con maggiore efficacia i processi di autenticazione.
L’antifalsificazione è diventata una priorità non solo per collezionisti e acquirenti, ma anche per musei, gallerie e forze dell’ordine. Un esempio significativo è offerto dal Center for Art Law di New York, che organizza seminari e corsi specifici per formare giuristi ed esperti nel riconoscimento dei falsi. Tuttavia, nonostante tali sforzi, il contrasto alla contraffazione resta ostacolato da una regolamentazione frammentaria su scala internazionale e dalla natura spesso opaca delle transazioni artistiche. A ciò si aggiunge l’aumento del valore delle opere, che alimenta l’interesse dei criminali a sfruttare le lacune normative del sistema.
La falsificazione, lungi dall’essere una pratica moderna, ha radici profonde nella storia dell’arte. Già nell’antichità, accanto al mercato delle opere originali, esisteva un mercato parallelo di copie destinate alla diffusione e all’educazione. In epoca romana, le repliche di statue greche erano comuni, così come nel Medioevo la vendita di false reliquie nei luoghi di pellegrinaggio. Nel Rinascimento, la copia era strumento didattico e omaggio al maestro, mentre nel XIX secolo fu impiegata a fini conservativi. Oggi, le “copie d’autore” realizzate con rigore filologico, capaci di riprodurre fedelmente tratto e cromia dell’originale, sono sempre più apprezzate. Ma il confine tra copia e falso resta sottile, e facilmente superabile.
Un falso ben eseguito può superare anche controlli approfonditi, specialmente se si tratta delle cosiddette “copie scientifiche”: riproduzioni realizzate da falsari esperti non solo in pittura, ma anche in chimica e storia dell’arte, capaci di utilizzare le medesime tecniche e materiali documentati nei trattati specialistici. A rendere la questione ancor più delicata sono le nuove tecnologie: scanner 3D e stampanti 2.5D consentono oggi di replicare con precisione straordinaria le pennellate e le texture di un dipinto, dando vita a superfici fisiche indistinguibili dall’originale. Iniziative come quelle di Haltadefinizione e Factum Arte mostrano il potenziale positivo di tali innovazioni, ma evidenziano anche i rischi legati al potenziale loro impiego fraudolento.
Un esempio emblematico è il caso dei dipinti sostituiti all’interno della sede RAI, con falsi messi al posto di originali firmati Guttuso, Carrà e Rosai. Le indagini hanno portato alla scoperta di 120 opere rubate, con un danno economico milionario per l’ente pubblico. Il fatto ha suscitato scalpore, dimostrando quanto sia fragile la catena di custodia delle opere d’arte e quanto sia urgente adottare sistemi di riconoscimento univoci in ogni passaggio di proprietà.
Nel “Art & Finance Report” di Deloitte del 2017, il 75% degli operatori e collezionisti ha individuato nella questione dell’autenticità la minaccia più seria alla credibilità del sistema artistico. Il vero problema sta nella possibilità che un’opera venga sostituita con una copia identica senza che nessuno se ne accorga: anche se la frode venisse poi scoperta, è estremamente difficile stabilire quando e dove essa sia avvenuta. La crescita delle vendite online, in cui opere fisiche vengono comprate a distanza, accentua ulteriormente i rischi, poiché manca il contatto diretto e sensoriale con il bene.
Il mercato dell’arte, spesso considerato un mercato rifugio al pari dell’immobiliare o dei metalli preziosi, è in realtà molto più vulnerabile. A differenza di un appartamento con vista Colosseo che è intrinsecamente riconoscibile, un’opera d’arte può essere replicata con una tale maestria da risultare non facilmente distinguibile dall’originale. La sua identità intrinseca non è autoevidente: essa può essere copiata, reinventata, o anche “clonata”.
L’intero sistema del mercato artistico si fonda su un presupposto fondamentale: l’unicità e la continuità identitaria dell’opera nel tempo, indipendentemente dai passaggi di mano, dai restauri o dalle esposizioni. Se questo presupposto viene meno, tutto vacilla. Il paragone con un mondo popolato da cloni umani, in cui ogni certezza sulle relazioni personali verrebbe minata, rende chiara la portata destabilizzante del problema. Così, se un’opera attribuita ad un grande artista potesse essere sostituita senza che nessuno se ne accorgesse, la fiducia stessa nel sistema del mondo dell’arte crollerebbe.
Per questo motivo, è fondamentale sviluppare strumenti affidabili per la verifica dell’identità delle opere d’arte mobili. Soluzioni che siano in grado di resistere alle contraffazioni più sofisticate e garantire, in ogni circostanza, che l’oggetto in questione sia davvero quello creato dall’artista. La credibilità del sistema, e la sopravvivenza stessa del mercato dell’arte, dipendono da questa certezza.
Stato dell’arte dell’anticontraffazione: soluzioni e tecnologie innovative disponibili
Si è sempre cercato di individuare soluzioni adeguate per scongiurare la sostituzione di un dipinto, o più in generale di un oggetto di valore frutto dell’originalità artistica di un maestro. Queste soluzioni possono assumere forme diverse, talvolta anche fantasiose, ma devono tutte condividere una caratteristica imprescindibile: devono possedere una proprietà invariante nel tempo, ovvero una componente che rimanga inalterata di fronte al naturale degrado fisico a cui è soggetto ogni oggetto materiale.
Tra le soluzioni più immediate ed economiche si colloca l’Object ID dell’ICOM (International Council of Museums), che mira a definire un insieme minimo di dati oggettivi e fotografie calibrate con riferimento colorimetrico al fine di caratterizzare un’opera d’arte e facilitarne il riconoscimento in caso di furto. Questo sistema ha una sua utilità concreta, poiché consente di individuare alcune caratteristiche minime per identificare un’opera d’arte. Tuttavia, non è in grado di determinare in maniera univoca se si tratti effettivamente dell’opera originale o di una sua copia identica.
Istituzioni prestigiose e realtà private di alto profilo hanno nel tempo cercato di sviluppare metodi sempre più innovativi per proteggere e riconoscere un’opera d’arte da eventuali copie o contraffazioni. Le tecniche di anticontraffazione, in linea generale, si suddividono nelle seguenti categorie:
• Tecnologie elettroniche: basate sull’associazione di dispositivi elettronici all’opera da proteggere. In questo caso, è l’impronta elettronica del dispositivo associato a essere riconosciuta.
• Tecnologie di marchiatura: si avvalgono di radiazioni visibili o ultraviolette per mettere in evidenza scritte apposte sul retro dell’opera; tali scritte agiscono come firma identificativa.
• Tecnologie chimico-fisiche: prevedono la marcatura dell’opera tramite strumenti come l’incisione laser. In questo caso, è la marcatura stessa a costituire l’unicum associato all’opera.
• Tecnologie meccaniche: utilizzano sigilli fisici, in cui il sigillo apposto diventa elemento identificativo.
• Tecnologie visive: si basano su fotografie scattate in momenti precedenti al controllo, che vengono poi confrontate con immagini attuali per verificare la corrispondenza dell’oggetto.
Tuttavia, a nostro avviso, tutti questi metodi presentano difetti intrinseci legati al fatto che si fondano su elementi “aggiunti” all’opera. Qualunque cosa venga applicata o associata a un’opera d’arte può infatti essere rimossa, alterata, trasferita su un’altra opera o replicata. Questo rende difficile, se non impossibile, garantire la determinazione dell’unicità dell’opera sotto esame.
Un discorso a parte riguarda i metodi basati su immagini nello spettro del visibile, riferite alla superficie del dipinto, anche ad altissimo ingrandimento, e impiegate principalmente per il loro basso costo di acquisizione e analisi. Tuttavia, ogni caratteristica visibile sulla superficie di un dipinto – come rugosità, cromia, crettatura – può essere copiata, restaurata o alterata nel tempo. Le vernici protettive possono ingiallire, i pigmenti possono cambiare tonalità, i supporti possono deformarsi, e i restauri possono modificare in modo significativo la cromia e texture. Inoltre, i dipinti a base di olio siccativo scuriscono nel tempo e sviluppano crepe superficiali (craquelure), variabili da opera a opera. Tali mutamenti rendono impossibile attribuire a queste caratteristiche il ruolo di indicatori invarianti nel tempo.
In definitiva, nessuno dei metodi finora proposti è in grado di determinare con assoluta certezza se l’opera d’arte che si ha davanti sia la stessa registrata nei database delle forze dell’ordine, inclusa in una collezione, contenuta nel catalogo di una fondazione o archiviata da un esperto. Non si può nemmeno avere certezza che essa sia l’opera originariamente acquistata da un appassionato e custodita, ad esempio, in un caveau bancario.
Riassumiamo dunque le principali esigenze del mercato dell’arte che, allo stato attuale, nessuna procedura o tecnologia riesce a soddisfare pienamente:
• Come si può dimostrare, con una probabilità statisticamente definita, che un dipinto non sia stato contraffatto?
• Come può un proprietario essere certo che il dipinto ritrovato sia lo stesso che gli è stato rubato?
• Come può un artista garantire per sempre la paternità delle proprie opere, evitando che il corpus venga contaminato da falsi?
• Come si può essere certi che un dipinto prestato per una mostra sia quello che verrà effettivamente restituito?
• Come si può essere sicuri che un’opera certificata o attribuita da una fondazione o da un esperto sia effettivamente quella per cui è stata emessa l’attribuzione?
• Come si può tutelare un investimento artistico da un crollo di valore dovuto alla scoperta che l’opera è stata sostituita da un falso?
• Come si può avere certezza che un dipinto uscito temporaneamente dal territorio nazionale sia lo stesso che vi rientra?
E così via, con un numero potenzialmente infinito di scenari che mettono in crisi l’attuale capacità di identificare un’opera d’arte in maniera scientificamente certa e non fondata su opinioni soggettive o punti di vista.
Diventa quindi necessario sviluppare un metodo, una procedura o un criterio che sia intrinseco all’opera d’arte da proteggere, non rimuovibile, e il più possibile invariante nel tempo. L’opera d’arte stessa deve diventare portatrice delle proprie credenziali: se queste non coincidono, la falsificazione viene automaticamente rilevata.
È proprio in questo contesto che si inserisce il lavoro della startup innovativa IDArtScience. Grazie a un brevetto proprietario e al sostegno ottenuto tramite l’Avviso Pubblico Start Up DTCLazio (BUR Lazio, 25/01/2022, “progetto primo classificato”), che sostiene imprese innovative nel campo delle tecnologie per i beni culturali, la startup propone un sistema realmente a prova di contraffazione.
L’idea fondante è che solo ciò che è intrinseco e nascosto all’interno dell’opera d’arte stessa può dirsi davvero infalsificabile. Le caratteristiche da tutelare non devono essere visibili né accessibili: devono risiedere negli strati più profondi dell’opera e devono essere il meno possibile soggette a variazioni nel tempo. Una semplice conoscenza relativa alla tecnologia dei materiali costitutivi e delle tecniche esecutive ha portato i ricercatori a stabilire che le proprietà davvero invarianti nel tempo sono due: da un lato, la composizione elementale (non molecolare ma atomico) dei materiali utilizzati, che non subisce alterazioni nei viraggi o nei degradi superficiali; dall’altro, la stratigrafia dell’opera, cioè la successione dagli strati preparatori alla vernice protettiva ed ancor meglio il rapporto tra lo spessore di questi strati.
Anche in caso di restauri invasivi, come la rifoderatura con stiratura a caldo mediante termocauterio, il rapporto tra gli spessori degli strati pittorici tende a rimanere costante, pur potendo variare il loro valore assoluto.
Il contributo innovativo di IDArtScience consiste nell’aver ideato e brevettato un modello capace di correlare le informazioni di superficie (acquisite in multibanda) con quelle provenienti dagli strati interni, rilevate tramite raggi X. Questa correlazione avviene in maniera completamente non invasiva, senza l’aggiunta di alcun elemento estraneo, e consente di rendere un dipinto infalsificabile. Lo studio è durato molti anni, sono stati pubblicati diversi articoli scientifici che riportano le fasi più teoriche di questa ricerca. Questi articoli sono riportati in bibliografia.
In un caso estremo, il metodo è talmente robusto da permettere il riconoscimento di un dipinto anche se la sua superficie fosse stata completamente scialbata. Le informazioni relative ai rapporti tra gli spessori degli strati e alla composizione elementale degli strati più interni, infatti, resterebbero intatte.
Una volta effettuata la correlazione tra superficie e strati interni, l’HASH corrispondente all’analisi viene salvato sulla Blockchain, fungendo da marcatore temporale e da garanzia antifalsificazione. Questo processo mette al sicuro l’intera operazione da qualunque tentativo di manipolazione successiva.
La data di registrazione dell’HASH sulla Blockchain rappresenta così il momento esatto in cui il dipinto diventa, oggettivamente, infalsificabile. Nemmeno gli stessi operatori di IDArtScience potrebbero più alterarlo. È come aver depositato l’identificazione del dipinto presso un notaio.
Un caso esplicito di applicazione di questa tecnologia è offerto dalla Fondazione Giorgio ed Isa de Chirico, che ha scelto di adottare in maniera originale questa opportunità innovativa.
Il problema è ben noto: una volta che un dipinto viene esaminato dalla commissione scientifica e attribuito al Maestro, esso viene restituito al proprietario accompagnato dal certificato di attribuzione. Tuttavia, l’onere della conservazione e della protezione dell’opera ricade interamente sul proprietario stesso. Sorge quindi una domanda cruciale: come garantire, in modo scientificamente inoppugnabile, che in un futuro passaggio di proprietà il dipinto sia effettivamente lo stesso studiato e attribuito originariamente?
La possibilità di associare in maniera univoca il certificato di attribuzione all’HASH registrato sulla blockchain, generato in seguito all’applicazione della procedura brevettata da IDArtScience, rende il legame tra il certificato e il dipinto stesso indissolubile e permanente.
Questa applicazione concreta del brevetto IDArtScience rappresenta una novità di rilievo, e finora unica, nel panorama delle Fondazioni il cui scopo è la tutela e la promozione dell’opera artistica e intellettuale di un artista.
L’operazione di identificazione univoca del dipinto tramite la procedura brevettata dalla IDArtScience può avvenire direttamente presso la sede della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico, a seguito del giudizio positivo della Commissione e dell’archiviazione ufficiale dell’opera. In questo modo, l’HASH risultante dall’operazione di identificazione viene consegnato contestualmente all’opera stessa. I risultati e la documentazione della procedura restano a disposizione della proprietà e vengono inoltre archiviati presso la Fondazione Giorgio ed Isa de Chirico, che conserverà così la facoltà di verificare, in qualunque momento, l’identità del dipinto attribuito al Maestro.


Le operazioni previste dal brevetto sono totalmente non invasive, non comportano alcun rischio per l’integrità fisica dell’opera d’arte e possono essere eseguite in circa due ore di lavoro, direttamente presso la sede della Fondazione. Eventuali controlli successivi per verificare l’autenticità dell’opera attribuita possono essere effettuati in circa 45 minuti, anche nel luogo in cui l’opera è conservata.
In conclusione, alla luce di un’analisi approfondita di tutte le tecnologie oggi esistenti, il sistema proposto da IDArtScience appare come la soluzione più solida per garantire il riconoscimento certo di un’opera d’arte in qualunque condizione. Si tratta di una tecnologia che permette finalmente di assicurare l’unicità dell’opera in tutti gli scenari descritti in precedenza.
Il sistema costituisce un deterrente efficace contro furti e contraffazioni, poiché, per quanto abile sia il falsario e per quanto sofisticati siano i mezzi impiegati, la copia verrà immediatamente e inequivocabilmente riconosciuta come tale.
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