Esposto nella casa-museo di Giorgio de Chirico il mosaico policromo di Edita Broglio “De Chirico” 1969

Si sono recentemente conclusi i lavori di restauro del mosaico realizzato da Edita Walterowna Von Zur Muehlen Broglio [Smiltene (Lettonia), 1886 – Roma, 1977].
Il mosaico fu donato al Maestro probabilmente nel 1973, come ringraziamento per la presentazione scritta da de Chirico in occasione della mostra personale di Edita Broglio, allestita alla galleria La Nuova Pesa di Roma, dal 12 dicembre 1973 al 12 gennaio 1974, a cura di Antonello Trombadori. Nel catalogo della mostra il mosaico è datato 1969.
La posa del Maestro è tratta da una fotografia, la stessa dalla quale nel 1968 Edita Broglio trasse un altro mosaico, identico nelle dimensioni e nell’immagine, ma lavorato con una differente trama di tessere.
La fotografia e le riproduzioni di entrambi i mosaici sono conservate nel fondo «Valori plastici», ospitato presso l’archivio storico della Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma.
Il mosaico testimonia la profonda e antica amicizia tra i coniugi Broglio e de Chirico, che nella presentazione del 1973 scrive: “Sono molti anni che conosco Edita Broglio, sin dal principio del primo dopoguerra. Essa, allora, abitava con Broglio un appartamento ai Prati. Io ero amico di Broglio, pittore anche lui, e in quel tempo egli aveva creato una rivista d’arte che si chiamava «Valori Plastici», e dirigeva questa rivista. Edita Broglio dipingeva già allora e notai nelle sue opere che aveva un gran senso del disegno e della forma […]”.
In un’intervista rilasciata a Sandra Orienti e pubblicata su «La Fiera letteraria», a. XXVI, n. 1, gennaio-febbraio 1973, Edita Broglio racconta: “«Valori Plastici», è durato poco: il tempo di dare significato, con le opere degli artisti, alle idee che muoveva. […] De Chirico era il perno dell’attività artistica del gruppo, con il suo amore per la forma, per il volume, per lo spazio inteso geometricamente… Il padre era ingegnere e lui sentiva la geometria come sangue vivo; le squadre, le righe, come personaggi. Apparve un giorno nella terza saletta dell’Aragno con i disegni fatti a Ferrara. Broglio lo conobbe così”.
Il restauro è stato eseguito a Roma dal mosaicista Marco Picchi, nei locali del Laboratorio romano scuola del mosaico.

Edita Broglio e Giorgio de Chirico,
Galleria Russo, Roma, 23 gennaio 1961

Presentazione manoscritta da Giorgio de Chirico in occasione della mostra personale di Edita Broglio del 1973

Trascrizione integrale

Edita Broglio

     Sono molti anni che conosco Edita Broglio, sin dal principio del primo dopoguerra. Essa, allora, abitava con Broglio un appartamento ai Prati. Io ero amico di Broglio, pittore anche lui, e in quel tempo egli aveva creato una rivista d’arte che si chiamava “Valori Plastici”, e dirigeva questa rivista. Edita Broglio dipingeva già allora e notai nelle sue opere che aveva un gran senso del disegno e della forma. Era una giovane donna dal fare e dall’aspetto poco comuni. Le piaceva scherzare, con l’aspetto serio, e spesso si divertiva a usare questi scherzi con le persone che frequentavano la casa di Broglio. Ricordo che in quel tempo veniva da Broglio un signore (1), di cui ho dimenticato il nome. Era, credo, uno scrittore, un giornalista e spesso, in casa di Broglio, si metteva ad un tavolo, con un mucchio di carte, e là scriveva, leggeva e correggeva delle bozze. Quando quel signore era in pieno lavoro, Edita, con l’aria innocente e distratta, prendeva una palla ed una racchetta da tennis e cominciava a lanciare nella camera la palla, che però, ogni tanto, con matematica precisione, cascava sulle carte di quel signore che scriveva, le scompigliava, le faceva cascare per terra ed egli, allora, tra seccato e sorridente, si chinava a raccattarle.
     Quello stesso signore (2) ricordo che una volta, al tempo della marcia su Roma, stava con noi al café [sic] Aragno. Il café [sic] era pieno di fascisti, che parlavano forte tra di loro e guardavano intorno con aria spavalda. Quel signore, che stava con noi, cominciò a un certo momento a raccontare a voce alta che egli era amico di Mussolini e che una volta si trovava con lui a Bologna; poiché entrambi disponevano di pochi mezzi avevano preso in comune una camera. Mussolini, diceva egli, la mattina si svegliava molto prima di lui e spesso, vedendo le scarpe dell’amico, dava loro una buona lustrata. Udendo queste parole alcuni fascisti cominciarono ad agitarsi e guardavano il nostro tavolo con aria minacciosa. Qualcuno di essi stava per alzarsi. Allora quel signore, intuendo il pericolo, disse forte: «Ma voglio dire, non è proprio che Mussolini lucidasse le mie scarpe, levava solo un po’ la polvere». Tutto finì con una gran risata.
     Edita era una donna strana ed enigmatica. Ricordo che una notte, io con Broglio ed alcuni nostri amici eravamo andati a passeggiare dalle parti di Valle Giulia. Era tardi, forse mezzanotte. Broglio ci aveva detto che aveva lasciato Edita a casa. Ad un certo momento abbiamo sentito un canto misterioso che veniva da un albero vicino a noi. Ci approssimammo e vedemmo Edita, a cavallo su un grosso ramo, che cantava un’aria strana, con gli occhi che guardavano le stelle. Ora io mi domando come si puo [sic per può] stare a casa e dello [sic per nello] tempo su un albero che distava parecchi chilometri dalla casa di Edita.
      Questi sono ricordi che mi sono rimasti impressi da quando conosco Edita Broglio.
     Come ho già detto, ho sempre notato che Edita, nelle sue opere, ha sempre dimostrato un gran senso della forma e del disegno, che sono due cose molto più importanti del colore. Basti guardare quel quadro ove si vede una donna seduta, che regge con le mani una sfera, presso una barca e con in fondo il mare. O quell’altro quadro in cui si vedono due donne che stanno sciogliendo una matassa di filo. Oppure quello in cui si vede un uomo che, salito su una scala poggiata ad un’albero [sic], lo sta potando.
   Edita è un pittrice seria che non si è mai fatta influenzare da quelle forme negative del modernismo e la sua mostra merita un completo successo.
                                                                                                                                                                                 Giorgio de Chirico

Note (1) e (2): la persona a cui de Chirico allude è Mario Girardon (cfr. Giorgio de Chirico, Memorie della mia vita, La Nave di Teseo, 2019, Milano, p. 191).