de Chirico e Picasso

Interrogo Giorgio de Chirico sui novant’anni di Picasso:

Mi dica, maestro lei l’ha conosciuto?
Conosciuto, conosciuto! L’ho visto qualche volta, certo. Molti credono che a Parigi stessi tutto il giorno fra Picasso, Apollinaire e Max Jacob. In realtà quando ero a Parigi, allora, lavoravo abbastanza e facevo una vita tranquilla. Naturalmente qualche volta incontravo anche Picasso.

Com’era allora Picasso, voglio dire fisicamente?
Così. Piuttosto basso. Ma aveva occhi neri molto penetranti, direi straordinari.

Quando e dove l’ha incontrato per la prima volta?
Alla vigilia della prima guerra mondiale, con mia madre e mio fratello, in casa di una signora russa che dipingeva, insieme ad altra gente. Ricordo che cenammo tutti insieme, e che lui non era molto loquace. Andava avanti a forza di esclamazioni come ‘Formidabile’, ‘Magnifico’, eccetera. Ma quando parlava era piuttosto spiritoso. Una sera per esempio l’ho sentito dire che la prima volta che gli avevano rammentato Kokoska aveva creduto che si trattasse del nome della cocaina in cecoslovacco.

Lei apprezzava il suo spirito?
Io ho sempre apprezzato la gente di spirito. Secondo me la serietà non è mica una cosa profonda: è solo un modo di cavarsela. È più difficile far ridere che far piangere.

Ricorda altro di quella sera, intorno a Picasso?
Ricordo che Picasso portava un orologio con catena, attaccato all’occhiello, e che appena uscimmo si mise in testa un buffo cappellino da ciclista. Ecco, lui era una di quelle rare persone che riescono ad indossare ogni cosa con la massima disinvoltura.

Ha conosciuto nessuna delle sue donne?
Ho conosciuto Olga, la prima moglie, e un’altra signora con la quale ha vissuto un certo numero di anni. Qualche anno fa ho avuto occasione di incontrare anche la Gilot con la figlia Paloma. Ma di loro non ho ricordi speciali.

Dicono che Olga fosse molto bella.
Era, come dicono i borghesi, una bella signora.

È vero, secondo lei, come sostiene la Gilot nel suo libro, che Picasso è avaro?
Non posso crederlo, non mi sembra nel suo temperamento. Fra l’altro bisogna vedere quello che si intende per avarizia. Una volta un collezionista ricchissimo, del quale non sto a fare il nome, venne da me per comprare un quadro. Il quadro costava una cifra notevole, e lui si raccomandò che gli facessi uno sconto di cinquemila lire. A me venne una grande curiosità di sapere che tipo di soddisfazione poteva dargli il risparmio di quelle cinquemila lire, e naturalmente glielo chiesi, ma lui non seppe rispondermi. Ecco, per me, quello era un autentico avaro.

Ho letto proprio in questi giorni che “Una mattina dell’autunno del 1912, il giovane Picasso vide al Salon d’Automne alcuni quadri di de Chirico e disse ad Apollinaire: vieni a vedere, ho scoperto un grande pittore”. In un certo senso, dunque, lei è stato scoperto da Picasso.
Macché scoperto, lui non ha scoperto niente. Fra l’altro Picasso non è tipo che fa queste cose. Guardi, questa storia io la sento per la prima volta.

Picasso la interessa come pittore?
Certo che Picasso mi interessa come pittore, ma gli rimprovero di non aver mai affrontato il vero problema della pittura. La qualità della pittura mi ha sempre occupato e preoccupato. Certe volte ho sentito che Picasso era rinchiuso nel suo studio a fare ritratti alla Velasquez, ma poi questi ritratti non li ho mai visti.

C’è qualche periodo di Picasso che la interessa particolarmente?
Mi interessa di meno il suo primo periodo. Picasso mi piace veramente quando comincia a fare le corride, le grandi donne, il periodo cosiddetto neoclassico.

Lei come definirebbe Picasso?
Un artista capace e uno spirito interessante. Sono onesto.

Considera Picasso un fenomeno del nostro tempo?
Non saprei in che senso. Penso che al tempo dei Papi, nel Rinascimento, con molta probabilità Picasso non avrebbe avuto vita altrettanto felice.

Perché?
Perché allora volevano cose normali e dipinte bene. Ma poi, chissà; sono fatti che esulano dalla logica. Forse per lui, tutto, anche allora, sarebbe stato come oggi.

Parlando del fenomeno Picasso non alludevo alla sua pittura, ma alla sua fama.
La fama di Picasso come quella di Van Gogh, di Cézanne, di Gauguin, che valgono meno di lui, sono costruite dai mercanti. Certo che in Picasso c’è un valore che negli altri non c’è. D’altronde se Picasso avesse dipinto in modo più normale, forse né i mercanti, né il pubblico si sarebbero occupati di lui.

A quanto pare, lei non ha molta stima per certi artisti famosi come Van Gogh, Cézanne, Gauguin. Crede che Picasso condivida queste sue idee?
Credo che anche Picasso non ci creda. Dopotutto le cose fatte male non piacciono a nessuno. Cézanne stesso del resto confessava di non riuscire a dipingere.

E la gente? Crede che la gente distingua i veri valori da quelli falsi?
In genere la gente non capisce niente di niente, ma sia quelli che capiscono che quelli che non capiscono si uniformano sempre al giudizio prefabbricato dai mercanti per paura di passare da provinciali.

Lei è mai stato in polemica con Picasso?
Mai.

Che ne pensa, nel complesso, della vita, delle donne, delle stravaganze di Picasso?
Ciascuno fa quello che può fare, quello che crede di poter fare e che gli piace fare. Basta che non dia noia al prossimo.

Se Picasso le regalasse un quadro, lo appenderebbe alle pareti di casa sua?
Se Picasso mi regalasse un quadro la considererei un’altra delle sue stravaganze. Perché poi dovrebbe regalarmi un quadro? Non gli ho mica salvato la vita.

Ma insomma, un quadro di Picasso lo prenderebbe volentieri, sì o no?
Perché poi proprio un quadro? Una riproduzione sarebbe la stessa cosa. Naturalmente parlo di quelle belle riproduzioni che fanno i tedeschi, dove si vedono perfino la grana della tela e il rilievo della pennellata.

Trova ammirevoli i novant’anni di Picasso?
Non credo sia il caso di ammirare uno perché è arrivato a novant’anni. Non dipende da lui quanto dalla sua costituzione.

In ogni caso lo festeggiano. Lei manderà un telegramma di auguri a Picasso?
Guardi, queste cose fanno piacere solo a quelli che non hanno superato i trent’anni. Quelli che lo fanno non lo fanno mica per piacere al festeggiato. Lo fanno per il gusto di sentirsi più giovani di lui. I compleanni, creda a me non fanno piacere a nessuno.

Intervista di Berenice, 1968-1976 ca., in Incontro con Giorgio de Chirico, a cura di Carmine Siniscalco, Edizioni La Bautta, Matera – Ferrara, 1985, pp. 133-136.